Ci sarà ben un organo che vigila sull’operato dei periti.
«Nient’affatto, in Italia manca totalmente un sistema di controllo. Quando entrai in magistratura, nel 1968, era in auge un perito che disponeva di un’unica referenza: aver recuperato un microscopio abbandonato dai nazisti in fuga durante la seconda guerra mondiale. Per ottenere l’inserimento nell’albo dei periti presso il tribunale basta essere iscritti a un ordine professionale. Per chi non ha titoli c’è sempre la possibilità di diventare perito estimatore, manco fossimo al Monte di pietà. Ci sono marescialli della Guardia di finanza che, una volta in pensione, ottengono dalla Camera di commercio il titolo di periti fiscali e con quello vanno a far danni nelle aule di giustizia».
Sono sconcertato.
«Anche lei può diventare perito: deve solo trovare un amico giudice che la nomini. I tribunali rigurgitano di tuttologi, i quali si vantano di potersi esprimere su qualsiasi materia, dalla grafologia alla dattiloscopia. Spesso non hanno neppure una laurea. Nel mondo anglosassone vi è una tale preoccupazione per la salvaguardia dei diritti dell’imputato che, se in un processo si scopre che un perito ha commesso un errore, scatta il controllo d’ufficio su tutte le sue perizie precedenti, fino a procedere all’eventuale revisione dei processi. In Italia periti che hanno preso cantonate clamorose continuano a essere chiamati da Pm recidivi e imperterriti, come se nulla fosse accaduto».
Può fare qualche caso concreto?
«Negli accertamenti sull’attentato a Falcone vennero ricostruiti in un poligono di tiro - con costi miliardari, parlo di lire - i 300 metri dell’autostrada di Capaci fatta saltare in aria da Cosa nostra, per scoprire ciò che un esperto già avrebbe potuto dire a vista con buona approssimazione e cioè il quantitativo di esplosivo usato. È chiaro che ai fini processuali poco importava che fossero 500 o 1.000 chili. Molto più interessante sarebbe stato individuare il tipo di esplosivo. Dopo aver costruito il tratto sperimentale di autostrada, ci si accorse che un manufatto recente aveva un comportamento del tutto diverso rispetto a un manufatto costruito oltre vent’anni prima. Conclusione: quattrini gettati al vento. Nel caso dell’aereo Itavia, inabissatosi vicino a Ustica nel 1980, gli esami chimici volti a ricercare tracce di esplosivi su reperti ripescati a una profondità di circa 3.500 metri vennero affidati a chimici dell’Università di Napoli, i quali in udienza dichiararono che tali analisi esulavano dalle loro competenze. Però in precedenza avevano riferito di aver trovato tracce di T4 e di Tnt in un sedile dell’aereo e questa perizia ebbe a influenzare tutte le successive pasticciate indagini, orientate a dimostrare che su quel volo era scoppiata una bomba. Vuole un altro esempio di imbecillità esplosiva?».
Prego. Sono rassegnato a tutto.
«Per anni fior di magistrati hanno cercato di farci credere che il plastico impiegato nei più sanguinosi attentati attribuiti all’estrema destra, dal treno Italicus nel 1974 al rapido 904 nel 1984, era stato recuperato dal lago di Garda, precisamente da un’isoletta, Trimelone, davanti al litorale fra Malcesine e Torri del Benaco, militarizzata fin dal 1909 e adibita a santabarbara dai nazisti. Al processo per la strage di Bologna l’accusa finì nel ridicolo perché nessuno dei periti s’avvide che uno degli esplosivi, asseritamente contenuti nella valigia che provocò l’esplosione e che pareva fosse stato ripescato nel Benaco dai terroristi, era in realtà contenuto solo nei razzi del bazooka M20 da 88 millimetri di fabbricazione statunitense, entrato in servizio nel 1948. Un po’ dura dimostrare che lo avessero già i tedeschi nel 1945».
Ormai non ci si può più fidare neppure dell’esame del Dna, basti vedere la magra figura rimediata dagli inquirenti nel processo d’appello di Perugia per l’omicidio di Meredith Kercher.
«Si dice che questo esame presenti una probabilità d’errore su un miliardo. Falso. Da una ricerca svolta su un database dell’Arizona, contenente 65.000 campioni di Dna, sono saltate fuori ben 143 corrispondenze. Comunque era sufficiente vedere i filmati in cui uno degli investigatori sventolava trionfante il reggiseno della povera vittima per capire che sulla scena del delitto era intervenuta la famigerata squadra distruzione prove. A dimostrazione delle cautele usate, il poliziotto indossava i guanti di lattice. Restai sbigottito vedendo la scena al telegiornale. I guanti servono per non contaminare l’ambiente col Dna dell’operatore, ma non per manipolare una possibile prova, perché dopo due secondi che si usano sono già inquinati. Bisogna invece raccogliere ciascun reperto con una pinzetta sterile e monouso. I guanti non fanno altro che trasportare Dna presenti nell’ambiente dal primo reperto manipolato ai reperti successivi. E infatti adesso salta fuori che sul gancetto del reggipetto c’era il Dna anche della dottoressa Carla Vecchiotti, una delle perite che avrebbero dovuto isolare con certezza le eventuali impronte genetiche di Raffaele Sollecito e Amanda Knox. Non è andata meglio a Cogne».
Cioè?
«In altri tempi l’indagine sulla tragica fine del piccolo Samuele Lorenzi sarebbe stata chiusa in mezza giornata. Gli infiniti sopralluoghi hanno solo dimostrato che quelli precedenti non erano stati esaustivi. Il sopralluogo è un passaggio delicatissimo, che non consente errori. Gli accessi alla scena del delitto devono essere ripetuti il meno possibile perché ogni volta che una persona entra in un ambiente introduce qualche cosa e porta via altre cose. Ma il colmo dell’ignominia è stato toccato nel caso Marta Russo».
Si riferisce alle prove balistiche sul proiettile che uccise la studentessa nel cortile dell’Università La Sapienza di Roma?
«E non solo. S’è preteso di ricostruire la traiettoria della pallottola avendo a disposizione soltanto il foro d’ingresso del proiettile su un cranio che era in movimento e che quindi poteva rivolgersi in infinite direzioni. In tempi meno bui, sui libri di geometria del ginnasio non si studiava che per un punto passano infinite rette? Dopodiché sono andati a grattare il davanzale da cui sarebbe partito il colpo e hanno annunciato trionfanti: residui di polvere da sparo, ecco la prova! Peccato che si trattasse invece di una particella di ferodo per freni, di cui l’aria della capitale pullula a causa del traffico. La segretaria Gabriella Alletto è stata interrogata 13 volte con metodi polizieschi per farle confessare d’aver visto in quell’aula gli assistenti Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Uno che si comporta così, se non è un pubblico ministero, viene indagato per violenza privata. Un Pm non può usare tecniche da commissario di pubblica sicurezza, anche se era il metodo usato da Antonio Di Pietro, che infatti è un ex poliziotto».
Un sistema che ha fatto scuola.
«La galera come mezzo di pressione sui sospettati per estorcere confessioni. Le manette sono diventate un moderno strumento di tortura per acquisire prove che mancano e per costringere a parlare chi, per legge, avrebbe invece diritto a tacere».
Che cosa pensa delle intercettazioni telefoniche che finiscono sui giornali?
«Non serve una nuova legge per vietare la barbarie della loro indebita pubblicazione. Quella esistente è perfetta, perché ordina ai Pm di scremare le intercettazioni utili all’indagine e di distruggere le altre. Tutto ciò che non riguarda l’indagato va coperto da omissis in fase di trascrizione. Nessuno lo fa: troppa fatica. Ci vorrebbe una sanzione penale per i Pm. Ma cane non mangia cane, almeno in Italia. In Germania, invece, esiste uno specifico reato. Rechtsverdrehung, si chiama. È lo stravolgimento del diritto da parte del giudice».
Come mai la giustizia s’è ridotta così?
«Perché, anziché cercare la prova logica, preferisce le tesi fantasiose, precostituite. Le statistiche dimostrano invece che nella quasi totalità dei casi un delitto è banale e che è assurdo andare in cerca di soluzioni da romanzo giallo. Lei ricorderà senz’altro il rasoio di Occam, dal nome del filosofo medievale Guglielmo di Occam»....clicca qui per leggere l'articolo intero
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FATTI PRECISI E INQUIETANTI A SUPPORTO DELL'ORGANIZZAZIONE PATOLOGICA E DEVIATA DELLA GIUSTIZIA IN ITALIA.
Il numero degli errori giudiziari é inquietante.
In 24 anni quasi 24 mila persone in cella
5 famosi errori giudiziari Enzo Tortora, Gigi Sabani, Giuseppe Pinelli, Elvo Zornitta, Massimo Carlotto
I costi degli errori giudiziari nel 2016 sono stati esorbitanti
I Pubblici Ministeri in Italia sono Magistrati, ma agiscono daAvvocati della Accusa
I magistrati vanno valutati sotto il profilo psicologico, in quantopossono essere presenti disturbi mentali mascherati come i disturbi di personalità
I Pubblici Ministeri non garantiscono tersietà, in quanto hanno creato un sistema accusatorio, tutt'altro che garantista
Molti Pubbllici Ministeri esibiscono la loro attività come trofeosenza alcun equilibrio.
I Magistrati in Italia sono organizzati in Associazione
Il sistema investigativo é fondato sulla ricerca di indizi e non di prove.
Le indagini sono fatte in modo approssimativo in quanto il personale é incomptente.
Dagli Studi fatti, il 90% del personale delle forze di Polizia ha superato i concorsi con la "raccomandazione".
Il 90% delle Forze di Polizia viene dal Sud Italia, così come i Magistarti dal centro e dal sud Italia.
Non esistono reati specifici previsti per l'operato dei Magistrati coem negli altri Stati
I Magistrati non sono controllati nel loro operato.
I Magistrati sono totalmente ignoranti in tema di leggi della Unione.
I Magistrati hanno automaticamente il porto d'armisemplicemente dopo una visita psichiatrica.
I Magistrati non sono selezionati sulla base del loro profilo psicologico e psichiatrico, ma semplicemente sulla base di un concorso.
I Magistrati non sono puniti come gli altri Pubblici Ufficiali.
I Magistrati sono dipendenti pubblici e non godono di immunità e impunità.
Il sistema italiano é fondato su indizi e non sulle prove.
L'interpretazione é il principale mezzo che utilizzano i magistrati italiani per applicare la giustizia.
I magistrati italiana non applicano le leggi, ma le fanno
I Magistrati Italiani non seguono le procedure
I Magistarti Italiani interferiscono con il potere esecutivo e legislativo.
I poteri dello Stato non sono realmente separati.
I magistrati troppo spesso entrano in politica
Indipendenza e responsabilità del Prosecutor nel Regno Unito
Negli ordinamenti di common law il prosecutor, che svolge le funzioni di pubblico ministero nel processo penale, è tipicamente un avvocato; nell'esercizio di tali funzioni è considerato un professionista legale, soggetto alle relative responsabilità, sebbene dipenda dallo Stato o da un ente pubblico territoriale.
In Inghilterra, come anche in Australia o Canada, il prosecutor fa capo al director of public prosecutions, di nomina governativa, il quale, di solito, dipende a sua volta dall'attorney general. Quest’ultimo è nominato dalla Regina su proposta del Primo ministro: è membro del Parlamento, può partecipare alle riunioni del Gabinetto dei ministri e svolge anche la funzione di principale esperto del Governo per le questioni legali.
Le funzioni attribuite al pubblico ministero inglese sono notevolmente differenti da quelle dei suoi colleghi dell’Europa continentale occidentale sia per quanto riguarda le attività investigative sia per quanto riguarda quelle forensi.
Innanzitutto il prosecutor è lasciato del tutto fuori dalla fase investigativa, che rimane di esclusiva competenza della polizia.
Una volta ricevuta la documentazione delle indagini svolte su individui che sono sospettati di un crimine, il pubblico ministero decide in piena indipendenza - e quindi a prescindere dalle richieste e dalle aspettative della polizia - se iniziare l’azione penale, effettuando due tipi di verifiche espressamente previste e regolate dal Code e dai Manuali: cioè l’evidential sufficiency e il public interest. Il primo requisito richiede che, gli elementi di colpevolezza raccolti dalla polizia, siano sufficienti ad assicurare “una realistica prospettiva di condanna” in applicazione del principio secondo cui nessun cittadino può essere perseguito penalmente se gli elementi di prova non siano attendibili e convincenti.
Solo all’esito di una stima positiva degli elementi di prova, il prosecutor può compiere la seconda valutazione: cioè se l’iniziativa penale sia nel pubblico interesse secondo le indicazioni fornite, anch’esse, dal Code. Il pubblico ministero deve anche decidere, indipendentemente dalle richieste della polizia, quali debbano essere i capi d’imputazione. Per quanto infine concerne le funzioni forensi, a differenza di quanto avviene nell’Europa continentale, il pubblico ministero inglese condivide quest’attività con altri soggetti e non può richiedere al giudice quale debba essere la pena da erogare nei singoli casi. Questo divieto ha come finalità quella di evitare che chi esercita la pubblica accusa possa per questa via influenzare la giuria o lo stesso giudice.